Prime cure del manoscritto
Di questi tempi in rete si trovano moltissimi consigli
utili su come inviare un manoscritto a una casa editrice, ma spesso trascurano un
aspetto fondamentale: sarebbe utile sottoporre il testo a una revisione accurata
prima di inviarlo alla casa editrice. A causa del legame emotivo che ha con la
sua opera, per quanto interessante e ben scritta, l’autore di solito non si
accorge della mancanza di organicità, delle criticità, anche se diffuse, né delle
incongruenze.
Dagli scrittori che si misurano per la prima volta con
l’idea della pubblicazione nella maggior parte dei casi ricevo testi trascurati
e soprattutto non formattati. Ho la sensazione che questo rappresenti un
problema comune e, invece di rifiutare manoscritti in simili condizioni, forse
è il caso di provare a fare qualcosa di concreto per aiutare gli autori che ancora
non danno la giusta importanza anche all’aspetto delle proprie idee sulla carta.
In verità, non so trovare una sola ragione plausibile per
giustificare chi non avverte la necessità di dare una forma ordinata e pulita
al proprio manoscritto, ben sapendo che dovrà essere letto da qualcuno. Le criticità
più compromettenti – sgrammaticature, svarioni sintattici, ripetizioni, incongruenze ecc. – verranno individuate senz’altro in revisione, ma perché
si pretende di sottoporre alla lettura un manoscritto con battute di dialogo segnalate
a intermittenza, rientri di capoverso a caso, il carattere che cambia all’improvviso,
a capo immotivati, interlinea irregolare, il punto fermo che manca spesso a
conclusione della frase, abbondanza di spazi doppi ecc.? Aspettandosi magari un
primo giudizio positivo?
Non credo che tutto questo abbia qualcosa a che fare
con la scrittura di getto. Ma forse più con la pigrizia, la fretta o la
superficialità. Un testo può essere revisionato all’infinito, se si è
focalizzati sulla sua cura. Anzi, la quantità di passaggi sembra essere addirittura
proporzionale all’amore che si ha per il testo. Dal punto di vista dell’editor
posso confermare che talvolta i canonici tre passaggi non sono affatto
sufficienti. Solo quando ho la sensazione di non riuscire a trovare più niente
che non torni sono pronta a mettere il manoscritto a disposizione di altri
professionisti, lasciarlo andare, o, nel caso sia richiesto, a procedere con la
correzione di bozza dopo un tempo congruo per dimenticarlo, in modo da rileggerlo
“quasi” come se fosse la prima volta.
Una scrittura trascurata mi sembra rivelare una contraddizione
di fondo nella forma mentis dell’autore: voler essere professionista e non considerare
che il manoscritto finirà in mano a un certo numero di persone prima di essere,
nella migliore delle ipotesi, pubblicato. Credo invece che la professionalità
implichi dimostrare rispetto per chi dedicherà il proprio tempo a quel testo per
lavorarlo, valutarlo o semplicemente leggerlo. Pazienza se la storia non piacerà,
ma se verrà riconosciuta la cura con cui è stata scritta è già motivo di orgoglio.
Sulla base di tali riflessioni mi sono presa l’impegno
di dare un’idea dello stato in cui un manoscritto, secondo me, dovrebbe raggiungere
la casella di posta dell’editor nel caso l’autore intenda sottoporlo alla
revisione professionale. Non parlo di stato ottimale, ma delle condizioni minime
accettabili per potersi prendere cura del testo, insomma il punto di partenza
di ogni revisione accurata. Un manoscritto è leggibile quando presenta una certa
uniformità e io ho cercato di raccogliere e proporre in modo ragionato una
serie di suggerimenti in un’unica guida che metto a disposizione di chi intende
dedicarsi alla scrittura. Sembreranno tutti aspetti scontati, ne sono consapevole,
ma posso confermare che pochi sono attenti alla formattazione del testo mentre scrivono.
La guida è gratuita ed è stata creata con il solo scopo
di essere utile a chi ritiene di averne bisogno.
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