Non è un gioco
Ho l’impressione che dovrò raccogliere ancora tante
testimonianze per capire perché molti scrittori sono contrari all’editing, ma
da casi come questo mi rendo conto che è impossibile non schierarsi dalla loro
parte.
Paolo Proietti Mancini mi racconta di aver richiesto il
supporto di un professionista per il suo primo romanzo autobiografico, pronto
ad affrontare anche la sua prima esperienza di editing. Si è rivolto a
un’agenzia letteraria su consiglio del fratello, che nel percorso di
affermazione autoriale è un po’ più avanti di lui, una decisione ragionevole.
I contatti con l’agenzia sono stati gestiti soprattutto via
e-mail, una scelta normale, ma fin dall’inizio qualcosa non ha funzionato.
L’obiettivo della pubblicazione è emerso subito e con chiarezza, ma quando
Paolo ha prospettato anche l’autopubblicazione tra le possibilità contemplate,
la reazione dell’editor è stata inaspettata, e ancora più incomprensibile
l’atteggiamento un po’ piccato.
È stato comunque concordato un contratto di collaborazione
per quindici mesi, tempistiche canoniche.
L’editor ha poi redatto una scheda di valutazione che
l’autore ha definito «sommaria». E in questa scelta lessicale percepisco la
prima manifestazione di delusione. Non esiste un modello preciso e standard di
scheda di valutazione, se non il fatto che deve necessariamente contenere tutti
gli elementi, i punti di forza e di debolezza del testo, che serviranno
all’autore come guida per la revisione del suo testo. Però può essere richiesta
a diversi livelli. Io stessa, ad esempio, lascio all’autore la possibilità di
decidere tra la semplice lettura professionale e una vera e propria scheda di
lettura. La prima offre un quadro della prima impressione, derivata
dall’analisi della sinossi e da una panoramica dell’opera. Contiene annotazioni
riguardanti fabula e intreccio, ambientazione, personaggi, struttura e stile e
le direzioni in cui intervenire per migliorare la narrazione sono raccolte in
due o tre cartelle di testo. La scheda di lettura è invece più impegnativa in
termini di tempi e costi di elaborazione, perché implica, oltre alla lettura
integrale dell’opera, l’esposizione ragionata dell’analisi dei punti di forza e
di debolezza delle incongruenze e delle criticità ricorrenti. In questo caso le
indicazioni per risolverle e il riscontro in esempi dettagliati vanno oltre le
due o tre cartelle di testo e costituiscono una vera e propria guida alla
revisione dell’opera.
A questo punto ho il dubbio non ci sia stata una perfetta
comprensione delle esigenze di Paolo, che comunque potrebbe indicare scarsa
capacità di ascolto da parte dell’editor.
Ma qualcosa è evidente già da quanto è successo in seguito.
Dopo il primo mese e mezzo da contratto, l’editor ha mandato solo i primi due
capitoli con perlopiù correzioni di bozza. Di solito la correzione di bozza è
l’ultima fase dopo l’editing, e ogni professionista lo porta avanti con il
proprio metodo. Non è sbagliato, anzi, credo sia una tendenza comune, e
spontanea, evidenziare errori o refusi già al primo passaggio di editing sul
testo. Questo, almeno nel mio caso, risponde all’esigenza di avere un testo più
pulito possibile, per lavorare meglio in fase di micro-editing, il tipo
d’intervento più chirurgico. Quello che invece ha suscitato anche la mia
perplessità è che nei punti in cui è stata suggerita, la riscrittura non è
stata successivamente oggetto di attenzione. Ma “il bello” deve ancora venire.
Con il passare del tempo, l’andamento è stato sempre più
lento e il testo sempre meno revisionato. A due terzi del contratto la
situazione era questa: l’editing era progredito al ritmo di un solo capitolo
ogni due mesi e il testo era cambiato quasi completamente, ma non era stato
revisionato.
Nel febbraio del 2023, l’autore ha ricevuto dall’editor una
mail con una carrellata dei vari giudizi negativi da parte delle case editrici
a cui il testo era stato sottoposto. Paolo opera nel settore della formazione
per le aziende a livello manageriale, con team building, leadership ecc., perciò
conosce bene le caratteristiche della buona comunicazione. Paolo sa di aver
sempre avuto qualche difficoltà con la scrittura, lo ammette senza difficoltà,
ma è un’attività che lo appassiona, perciò è determinato, desidera impegnarsi
per riuscire. Se l’editor gli avesse dedicato anche solo mezz’ora del suo tempo
per ascoltarlo, si sarebbe reso subito conto dell’importanza che la scrittura
ha per lui. Ma con quella mail l’ha fatto sentire «un incapace», vanificando i
suoi sforzi, il suo impegno. Paolo sarà anche uno scrittore acerbo, lo dico per
sua ammissione, ma la sensazione che l’editor avesse accettato il lavoro per
cortesia nei confronti di fratello più conosciuto è netta ancora adesso.
L’approssimazione e la superficialità con cui l’editor ha iniziato quel lavoro
lo ha convinto che quello era il modo per svincolarsi dalla responsabilità di
gestirlo quando non ne aveva più il tempo. Avrebbe potuto rifiutare subito
l’incarico per l’eccesso di impegni già presi, motivo che comunque aveva
addotto per giustificare i ritardi nelle consegne. Avrebbe potuto consigliare
un altro editor che potesse fare al caso di Paolo.
Non voglio avanzare giudizi sulla professionalità dell’editor
che ha seguito il lavoro di Paolo, perché non lo conosco, ma mi sento di dire che,
quando un lavoro non è nelle proprie corde, se non si ritiene di avere un tempo
adeguato e il giusto impegno da dedicare alla persona, se non si ha nemmeno la
voglia di ascoltare chi chiede supporto, di capire chi lo chiede e quali sono
le sue necessità, non mi stancherò mai di dirlo, quel lavoro va rifiutato. Con
coraggio, va rifiutato.
Ancora una volta il plauso va tutto all’autore, che ha saputo
andare oltre l’incapacità dell’editor di vedere nell’autore la persona e sfuggire alla parte più felina della sua indole. Il primo romanzo di Paolo racconta degli anni passati, i mitici anni ’70, in cui la vita era
ancora fatta di valori e legami, era tutta nelle nostre mani, non dentro la
memoria di un cellulare. Questo romanzo ha un titolo, L’estate della farfalla, e uscirà a fine settembre con Di Leandro Editore. Auguro a Paolo
di avere tutta l’attenzione che merita.
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