L'importanza della documentazione

 


Durante il primo colloquio telefonico per un incarico di editing, l’autore ha fatto spesso riferimento alla Leggenda del pianista sull’oceano, il bellissimo film di Giuseppe Tornatore (1998), e al monologo Novecento, scritto da Alessandro Baricco per il teatro, di cui è l’adattamento cinematografico. Con la lettura preliminare del romanzo, mi sono resa conto subito di come la struttura della narrazione cinematografica, un racconto nel racconto che procede per flashback, ma ancora di più, credo, l’oscillazione continua tra verità e invenzione, abbia impressionato l’autore al punto tale da convincerlo a utilizzare lo stesso espediente nel romanzo per dipanare il suo racconto nel racconto.

Ammetto che, durante quel colloquio telefonico, a mano a mano che l’autore mi spiegava come aveva concepito la sua storia, avvertivo la lacuna di non aver ancora letto il monologo teatrale di Baricco, quindi la storia del pianista nella sua versione originale. Ebbene, la durata del film supera le due ore e mezza, ma nella pièce tutto si snoda attraverso una quarantina di pagine: quanto tempo pensate che abbia impiegato per leggerle? Tenuto anche conto del fatto che avevo già assimilati i contenuti dal film visto tempo prima

La trasposizione cinematografica è perlopiù fedele al monologo, a eccezione dell’inserimento del supporto narrativo creato dall’incontro con l’antiquario. In questo contesto trova spazio anche la sottotrama dell’infatuazione per la ragazza (veneta!) che il protagonista incontra sulla nave durante una delle traversate. Quel film è chiaramente solo uno dei modi possibili di rappresentare visivamente le battute del monologo, ma nel complesso è ben congegnato ed efficace per aver saputo trasporre anche quell’effetto di vero-non vero che si percepisce nella scrittura di Baricco. La sospensione dell’incredulità è efficace in entrambi i casi e viene mantenuta con grande abilità fino alla fine.

La lettura del monologo è stato in effetti un aiuto concreto per comprendere prima e meglio il senso di certe scelte strutturali dell’autore. Mi ha suggerito in quali punti della struttura sono necessari degli interventi, anche a livello di montaggio, per rendere la narrazione più scorrevole ed efficace.

Sappiamo che leggere genera idee, infatti non è mai tempo perso. Ancora meno lo è leggere per documentarsi in modo specifico quando si lavora su un testo, perché aiuta anche a individuare i problemi e a risolverli. Ogni autore serio si documenta riguardo a ciò di cui vuole scrivere, anche quando crede di non averne bisogno. Normalmente durante le ricerche si originano piste laterali, che pur essendo piuttosto lontane dall’idea di partenza, alla fine si riveleranno essere migliori per il progetto. Un autore rinuncerebbe a tale opportunità? Non credo. Leggere aiuta ad ampliare il proprio immaginario e di conseguenza aumenta le possibilità a livello di alternative, precisione e varietà nella scrittura. Non c’è bisogno di spiegare come, allo stesso modo, per l’editor documentarsi rappresenti il modo più costruttivo – ma anche onesto – per svolgere la propria funzione di coadiuvare l’autore nella sua opera.


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