L'editing non è per tutti
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Affiancare un autore nella revisione del suo testo mi dà la soddisfazione che ho sempre cercato nella professione. È il mio contributo a un processo creativo unico, e si rivelerà fondamentale per la realizzazione del suo progetto. Mantiene vivo quello che provavo da bambina mentre guardavo mia madre dipingere. Lavorava a una tela sul cavalletto per giorni e qualche volta interpellava me, spettatrice rapita dall’incanto della creazione, prima di cambiare o aggiungere qualcosa. Nella foto è lei, la pittrice Antonia Puggina nel 1965 en plein air, io però non ero ancora nata.
Credo che dipingere un quadro e scrivere un libro siano processi per certi versi analoghi. Anche il libro racconta qualcosa. Lo fa attraverso scene che vengono sintetizzate nell’immaginario di chi legge. Tuttavia il quadro mi sembra già una sintesi che chi guarda deve scomporre in qualche modo per assimilarne il contenuto. Eppure sono convinta di una cosa: se mia madre fosse stata una scrittrice avrebbe accolto favorevolmente l’intervento dell’editor.
Quando sostengo che l’editing non è per tutti, e
ultimamente mi capita spesso, intendo dire che va affrontato al momento giusto
e con consapevolezza. La condizione indispensabile per poter avviare un
rapporto di collaborazione proficuo con l’editor è una disposizione
interiore che consenta di accogliere un’opinione diversa dalla propria non come
biasimo, ma come spunto per migliorare. Credo che conoscere i propri limiti metta in
condizione di poter aspirare a superarli. Il compito dell’editor è rendere
questi limiti visibili all’autore.
Non si tratta solo di puntualizzare quel che è oggettivamente
“sbagliato” in un testo, oltre a curare la normazione editoriale, propria di ogni casa editrice. Le segnalazioni dell’editor dovrebbero generare una
riflessione che possa portare l’autore ad attribuire al suo scritto la forma
migliore in base alle sue possibilità. Tali segnalazioni non dovrebbero scoraggiare, come purtroppo
succede spesso, ma al contrario infondere sicurezza perché il miglioramento è
già in atto nel momento in cui vengono accolte.
A sostegno di questo concetto, ricorro sempre alle considerazioni di Raymond Carver, l’autore di Cattedrale, quando sostiene che scrivere è riscrivere: «Se non si riesce, dico io, a rendere quel che si scrive al meglio delle nostre possibilità, allora che si scrive a fare?» (R. Carver, Il mestiere di scrivere).
Il bravo scrittore «ricrea il mondo secondo le proprie specificazioni». Ebbene, non è solo questione di stile, non è nemmeno questione di talento, se è per questo, ma ha più a che fare con l’essere inconfondibile, essere capace di esprimere qualcosa che lo contraddistingue qualunque cosa scriva. È per la capacità dello scrittore di dare un’espressione artistica alla sua maniera particolare di vedere il mondo, che questo diventa il “suo mondo”.
Si
capisce che in quest’ottica l’accuratezza dell’espressione è il principio fondamentale
da soddisfare. «In definitiva,» sostiene Carver «le parole sono tutto quello
che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste, con la punteggiatura nei
posti giusti in modo che possano dire quello che devono dire nel modo migliore».
Ed è proprio questo il lavoro dell’editor, aiutare l’autore a dire ciò che ha
da dire nel modo migliore possibile, aiutarlo a trovare la sua voce, affinché la
sua scrittura abbia tutta la forza distintiva che serve.
Beh, questo post (e anche quello precedente) hanno cominciato a farmi riflettere sulla questione dell'editing che non può essere solo una mera correzione o aggiustamento. Mi vien da pensare che la missione dell'editor nei confronti del libro (e dell'autore) assomigli a quella di un ostetrica...
RispondiEliminaLa tua è una riflessione che offre ottimi spunti, perciò ti ringrazio. L'editing è strettamente correlato alla qualità della prima stesura, perciò può essere fatto a vari livelli. In certi casi può essere sufficiente anche un solo passaggio. Normalmente sono due o tre, dipende anche in base alla complessità degli interventi necessari. Quello che è importante capire è che un editing è diverso dall'altro, così come un editor è diverso dall'altro. Si tratta di trovare quello che va bene per sé. S'instaura un rapporto, perciò va scelto con cura. Sulla missione, in effetti si potrebbe dire che aiuta l'autore a dare alla luce la sua opera. Di certo ne condivide obiettivi e interessi rispetto al libro. Un po' alla volta vorrei chiarire tutti questi aspetti, il mio obiettivo è proprio questo.
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