La scrittura non è una scienza esatta



Esprimersi è un atto soggettivo e la scrittura è solo uno dei mezzi possibili. La scrittura sarà diversa per ogni autore in base alle possibili combinazioni di due variabili principali: DNA e vissuto. Ma nel momento in cui la scrittura viene letta entra in gioco anche una terza variabile: l’interpretazione. Non è mai univoca perché a sua volta deriva dalle possibili combinazioni di DNA e vissuto per ogni lettore.

L’editor, non lo dimentico mai, prima di tutto è un lettore. Di certo un lettore preparato, competente, in grado di stabilire collegamenti, accorgersi di inesattezze o incongruenze, di dare importanza a dettagli e il giusto peso a questioni. E come tale credo che dia la sua interpretazione a tutto ciò che legge.

È chiaro che non mi riferisco qui alla scrittura in senso generico, che include anche il saggio o il manuale, in cui ben poco è da interpretare. Qualsiasi romanzo, inteso come prodotto di scrittura creativa, letto da persone diverse sarà interpretato in modo diverso, soprattutto nei tratti più evocativi per la presenza dei correlativi oggettivi. Credo che ogni lettore possa trovare tra le pagine quel che vi vuole trovare. Allo stesso modo, ogni editor potrà avere un’opinione diversa rispetto alla gestione di certi aspetti in un romanzo. Mi viene in mente, ad esempio, proprio il punto di vista, su cui è risaputo che non c’è uniformità di opinioni.

In un romanzo è strettamente collegato al narratore perché corrisponde alla visuale con cui la storia viene raccontata. Mette in rapporto la voce narrante con la storia e il lettore per tutto il testo. La focalizzazione, che sia interna, esterna o zero, è già di per sé una sorta di filtro. Il fuoco della narrazione, nel senso di punto di convergenza, rispecchia la visione attraverso gli occhi, proprio come accade nel sistema ottico, raccogliendo pensieri, emozioni e sensazioni dall’interno, anche solo limitandosi all’osservazione di azioni e comportamenti dall’esterno o sfruttando entrambe le prospettive.

Si capisce perché anche il cosiddetto narratore onnisciente, che conosce tutto, passato, presente e futuro, ciò che si svolge contemporaneamente in altri luoghi e ciò che i personaggi pensano e sentono intimamente, è comunque un filtro ed è quello più direttamente collegato all’autore. Allora ogni narrazione non è verità assoluta, è comunque una versione dei fatti. Allora ogni narratore potrà essere più o meno attendibile, ma non potrà mai essere del tutto oggettivo.

E qui arrivo al caso specifico: la narrazione con focalizzazione interna multipla. Il livello di conoscenza sarà quello dei personaggi, ma all’interno di uno stesso capitolo ci sarà alternanza dei vari punti di vista. Mi sono imbattuta diverse volte in questa gestione del punto di vista nei testi di aspiranti scrittori o autori esordienti, ma senza soddisfazione. Credo che il risultato ottenuto fosse dettato da inesperienza e inconsapevolezza. Il cambiamento improvviso in un testo senza soluzione di continuità costringe il lettore a tornare indietro e rileggere per capire chi dice o fa che cosa. Per creare un romanzo corale (ad es. I Malavoglia di Giovanni Verga) capace di non rovinare la magia della lettura ci vuole maestria.

Ebbene, il narratore polifocalizzato non è accettabile per tutti gli editor. Dipende dal percorso formativo. Io, ad esempio, sono d’accordo con chi ritiene che metta il lettore in difficoltà. Se il cambio di punto di vista deriva dalla strutturazione del testo è plausibile, anzi, spesso è utile allo sviluppo della storia. Ogni capitolo sarà narrato da una prospettiva diversa o all’interno dello stesso capitolo i brani da prospettive diverse saranno segnalati. Un ottimo esempio contemporaneo è il romanzo di Lorenza Stroppa dal titolo Da qualche parte starò fermo ad aspettare te, in cui l’alternanza di voci narranti in prima persona, i due protagonisti Giulia e Diego, avviene con una naturalezza tale da promuovere l’efficacia di questo espediente narrativo.

Ritengo invece che siano da segnalare le sterzate improvvise in spazi troppo ristretti. Secondo me sono punti da riscrivere, perché se è vero che il lettore deve poter provare empatia per un personaggio in particolare, non deve sentirsi confuso, indeciso o provare empatia per più personaggi contemporaneamente. Un altro editor, invece, potrebbe accettare lo stesso brano senza riserve o addirittura incoraggiare questo tipo di gestione.

Ecco, io credo che l’editing abbia sempre molto a che fare con gli obiettivi dell’autore nello scrivere una storia e una volta appurati all’inizio del rapporto va costantemente verificato che non li perda mai di vista e alla fine li raggiunga. Altrimenti sono quanto di più vicino si possa pensare a errori, e gli errori, si sa, un editor li deve correggere.

Commenti

  1. Risposte
    1. Grazie, spero che in futuro lei possa trovare ancora qualcosa di utile in questo contenitore. Il mio intento è questo.

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