Trent'anni

 


Quando posso partecipo agli eventi letterari. Ma finora non mi era mai capitata una situazione di questo tipo. Venerdì scorso alla Libreria Zabarella una cristallina Claudia Lanteri è andata a ruota libera sul suo romanzo d’esordio, contagiando tutti con la sua commozione. È stato quasi un battesimo – il romanzo è uscito il 16 aprile – con due madrine d’eccezione, Emanuela Canepa e Claudia Grendene, docenti della Bottega di narrazione (la scuola di scrittura diretta da Giulio Mozzi e Giorgia Tribuiani) che ha curato il progetto. L’isola e il tempo è definito «un giallo letterario fuori da ogni canone», tanto che a buon diritto è entrato nella collana Unici di Einaudi per gli esordienti, diretta da Dalia Oggero, editor del testo, presente a elogiare il talento di Lanteri.

Ebbene, la mia riflessione parte proprio da un’affermazione di Oggero. L’ho letta, poi, anche nel suo profilo social, ma la voce non mente. L’emozione era tangibile quando ha rimarcato la potenza della storia e della scrittura che rende preziosa quest’opera rispetto alla moltitudine di manoscritti avuti sotto gli occhi in questi trent’anni anni di Einaudi. Ecco. I trent’anni. Dov’ero io in questi trent’anni invece di fare quello tutto il necessario – e anche di più – per poter avere adesso un’opportunità simile? Scoprire un talento. Capite che cosa grande? Quante revisioni servono e, soprattutto, di quali opere per poter avere la fortuna di dire un giorno una cosa del genere? Quei trent’anni io li ho spesi a rincorrere una vita dignitosa a dispetto delle quietanze di rate, bollette e assicurazione. Le tasse, la voce di trattenute per eccellenza,  scomparivano nel netto busta. A ripensarci ora mi sembra puro illusionismo.

Ho avvertito la fermezza di Oggero nel raccontare come l’editing di questo romanzo per lei straordinario non abbia conosciuto sosta né a Natale né a letto con la polmonite. Non una minima nota di rammarico nella sua voce. Una soddisfazione simile val bene il sacrificio. Ma quanto sacrificio serve? Tanto, credo. E credo che la proporzione per quantificarlo non sia inversa rispetto al passare del tempo. L’editing di un’opera, ancora di più di se ne ami la scrittura, diventa qualcosa a cui non puoi rinunciare. Diventa l’ossimoro imprescindibile, ciò che acquieta le tue giornate e agita le tue nottate.

Insomma, non ho mai avuto rimpianti di quello che ho fatto nella mia vita, prima di appassionarmi all’editing. Ma non li avrò nemmeno adesso, perché è evidente che questi trent’anni sono serviti per trovare il coraggio di cambiare direzione. E se ce ne metterò altri trenta per crescere, sono pronta.


Commenti

Post popolari in questo blog

La notte del santo di Remo Bassini

Leggere per scrivere

Un antidoto alla superbia