Il primo giorno di blog
Oggi è il primo giorno di blog!
Suona un po’ come il primo giorno di scuola, che per me odora di cera e incenso, ma per fortuna lo stato d’animo è diverso. Non sento la mano di mia madre – presumo fosse lei, perché è un ricordo molto vago – allentare la presa, mentre mi sfinisco nel tentativo di attirarla da me sulla pietra del secondo gradino. Una signora vestita come un pipistrello mi tira per un braccio oltre la soglia del portone cigolante e io ovviamente mi rifiuto di entrare.
E non ho dubbi, insicurezze o patemi. Comunque andrà potrò essere solo felice di aver fatto quello che sentivo di dover fare per me. Tutto ha inizio come al solito dopo il secondo caffè della mattina, ma questa volta con un biscotto cinese della fortuna avanzato dalla cena di ieri. «Che giornata fortunata! Tutto quel che toccate si trasforma in oro». L'azzurro vuol essere sincero sulla stringa di carta bianca, ma nel mio caso può essere solo uno sfottò e mi dà fastidio ben più delle briciole sul tappeto.
Ma cosa mi ha spinto ad aprire questo blog? Dispiace
dirlo, ma è in atto un processo di demonizzazione della figura dell’editor. Nei
gruppi social di scrittori emergenti ultimamente è diventato penoso leggere i
commenti di chi ha vissuto l’editing come un’esperienza negativa – a giudicare
dal tenore degli epiteti addirittura traumatica! – e non perde l’occasione per rinnovare
il bruciore della ferita, a monito per sé e per gli altri di cose da non fare
mai più nella propria vita autoriale. Ecco perché sento il bisogno di uno
spazio in cui poter esprimere il mio punto di vista di editor offrendo a chi ha interesse per la scrittura la
possibilità di fare altrettanto, ma lontano dalle logiche distruttive dello
scontro aperto fine a sé stesso. E spero proprio che questo blog lo sia o lo
diventi. Credo che l’informazione sia utile a entrambe le parti per conoscere e scegliere il meglio per sé. Sparlare, dire male, malignare,
spettegolare al punto di calunniare, denigrare, diffamare è dannoso. Ma, a
quanto pare, il danno è solo per chi è oggetto di tutto questo.
Mi sembra che l’editor massacratore di manoscritti
sia già un cliché, alla stregua di quelli da cassare in un testo. E io, penna
rossa in mano, lo casso. Per me il rapporto con l’editor è come qualunque altro
rapporto: se non c’è rispetto reciproco non può funzionare. Con rispetto intendo
proprio tutto ciò che è incluso nella definizione che cito da Treccani: «Sentimento
e atteggiamento di riguardo, di stima e di deferenza, devota e spesso
affettuosa, verso una persona». Dev’esserci un minimo di simpatia perché il
lavoro con l’editor sia proficuo. Io dico di più, dovrebbe esserci complicità o
qualcosa di molto vicino a una strizzatina d'occhio. Non dev’essere
un impegno unilaterale, ma un lavoro sinergico e armonico, basato sul confronto
continuo.
Certo, può capitare d'imbattersi nell’editor poco
competente, come può anche capitare di leggere il romanzo di uno scrittore
troppo acerbo. Se un editing non va come ci si aspetta, a meno di non dover
cambiare radicalmente qualcosa nella propria scrittura si cambierà editor, ma
smettere di rivolgersi a un professionista convinti di poterlo fare da sé
sarebbe un errore. In generale si possono avere esperienze negative con
professionisti in qualsiasi settore. Provate anche solo a riformulare questa considerazione in termini di medico di base…
A questo punto credo valga la pena di accennare a un
paio di cose di cui io sono convinta.
La prima: l’editing non è per tutti. L’obiettivo di
ogni autore dovrebbe essere scrivere quel che ha da dire nel modo migliore
possibile. Il primo passo in questa direzione è accettare l’idea che ci sia potenzialmente
sempre un margine di miglioramento. L’assenza di questa condizione di partenza
è una garanzia di fallimento da entrambe le parti. Mi preoccupa la divisione molto
netta che percepisco tra autori che contemplano l’opzione dell’editing per il proprio
testo e quelli che la rifiutano a priori.
La seconda: la scrittura non è una “scienza esatta”. Al
di là delle regole grammaticali della lingua italiana nel loro complesso, verificabili
in modo analitico e oggettivo, su alcuni aspetti basilari della scrittura è comprensibile
e accettabile che gli editor abbiano opinioni diverse. A mio parere tra editor e autore è questione di affinità elettive.
Ma ci prenderemo senz'altro il tempo per parlarne, se vi va.
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